Architettura - Chiesa di S. Benedetto

Per chi proviene dalla Banca d'Italia, via del Plebiscito offre una studiatissima visione dinamica (di "scorcio", più scenografica e valida per il risalto tridimensionale del prospetto), prettamente barocca, della facciata di San Benedetto: la più bella e meglio conservata delle chiese antiche di Frosinone.

Ricordata in antico come Chiesa Abbaziale di San Benedetto, testimonia nella sua titolazione la presenza dei padri benedettini a Frosinone, la cui opera in città è accertata a data anteriore al 1153 (1), anzi, secondo alcune fonti la stessa chiesa è stata costruita dall'ordine cassinese già prima del 1134. L'edificio medievale rimane di proprietà del clero regolare probabilmente sino al 1250, quando in essa viene eretta la parrocchia che, tuttora, dopo quasi 750 anni, ancora esiste. Il clero secolare subentra così acquisendo oltre alle proprietà e alle incombenze parrocchiali, anche il titolo di Padre Abate per il rettore della chiesa: titolo ancora valido.

Diversi sono gli episodi storici rilevanti che vedono in qualche modo coinvolta la chiesa, merito anche della sua localizzazione sulla antica piazza delle adunanze pubbliche, di fronte alla antica Rocca (l'odierna Prefettura). La parrocchia di S. Benedetto infatti, acquista nei secoli un discreto potere economico e politico tanto che sotto la sua giurisdizione furono assegnate diverse chiese tra cui S. Elisabetta (filiale), la SS. Trinità e S. Lucia, mentre diverse case in città, casolari e terreni nella piana di Frosinone erano di sua proprietà. Tra i chierici della chiesa, i cui nominativi sono riportati negli archivi, figurano poi numerosi avvocati, letterati e notai che spesso troviamo citati nei fatti di maggior rilievo della storia della città di Frosinone.
Dal punto di vista religioso, la chiesa nei secoli ebbe un grande valore cultuale, dimostrato dalle numerose e cospicue reliquie che gli elenchi delle suppellettili redatti in diverse epoche, ci dicono essere state conservate fra le sue mura, almeno sino al XIX Secolo.
L'edificio ecclesiale, siccome lo vediamo oggi, è frutto di un "restauro alla maniera moderna" (come si diceva nel XVIII secolo), i cui lavori iniziano l'anno 1750 sotto la direzione dell'arciprete don Bernardino Di Dini. Non si conosce il nome dell'architetto perché le fonti archivistiche trovate ci riportano solo il nome dei due "Soprintendenti della nova Fabrica di detta Chiesa": i sacerdoti Filippo Ciceroni e Teodosio Sperandio; che a quanto da loro scritto parrebbero comunque i veri artefici del disegno e della costruzione della nuova chiesa.
La "nova Fabrica" viene edificata demolendo parte dell'antica chiesa medioevale di San Benedetto, e i lavori si protraggono per ben 47 anni fra alterne vicende, sino al 1797, quando la chiesa viene finalmente completata ed inaugurata. Purtroppo, già l'anno dopo il suo completamento, nel 1798, la chiesa è profanata e saccheggiata dalla cavalleria polacca di Napoleone Bonaparte, agli ordini dei comandanti Vautrin e McDonald; in questa occasione i tesori più importanti in essa conservati, vengono preservati nascondendoli fra le sepolture della cripta cimiteriale posta sotto il pavimento, oppure affidandoli a parrocchiani come nel caso del quadro della Madonna del Buon Consiglio.
Nel XIX secolo la chiesa di S. Benedetto vede il suo potere seguire le sorti dello stato pontificio; degne di nota sono da rammentare le visite fatte dai papi Gregorio XVI e Pio IX. Da ricordare inoltre che in questo secolo il clero di San Benedetto è tenuto a dire messa una volta a settimana nelle carceri situate presso il palazzo della Delegazione (l'odierna Prefettura), annoverando così tra i suoi parrocchiani sia i detenuti che la guarnigione militare ed il rettore della Delegazione.
Nel XX secolo, i documenti della Regia Sottoprefettura di Frosinone, confermano il titolo di chiesa abbaziale ed il titolo di abate per il parroco. A seguito delle distruzioni operate dalla seconda guerra mondiale, la chiesa rimane testimone miracolosamente illesa (come già nel passato con la guerra del 1556) dei bombardamenti alleati, mentre tutti gli edifici della piazza antistante vengono distrutti, insieme al palazzo Grappelli adiacente all'abside di S. Benedetto.


Guida alla visita della chiesa


Nell'apprestarci alla visita della chiesa di San Benedetto è utile ricordare quanto detto per la sua storia, e cioè che l'attuale edificio è il frutto di una ricostruzione del 1750, operata sulla antica chiesa medievale (XII Sec.). Questa sovrapposizione non ha comunque cancellato del tutto la forma della chiesa precedente, tuttora individuabile da un occhio esperto, e che si strutturava come un piccolo edificio di tipo basilicale a tre navate, con transetto e abside circolare, i cui muri presentavano "...colossali pitture impresse..." (come riportato dai due Soprintendenti della costruenda Fabrica citati più sopra nella relazione sui lavori). La facciata, probabilmente, aveva tre porte, una maggiore e due minori (corrispondenti rispettivamente alla nave maggiore e alle due navi minori), così come in molte altre chiese romaniche della nostra zona.

Dalla piazza della Prefettura si può ammirare la scenografica facciata in stile tardobarocco misto ad alcuni elementi stilistici tipici del neoclassicismo. Osservando il prospetto notiamo il corpo centrale di forma convessa montato a due ordini sovrapposti: sotto dorico toscano, e sopra ionico. All'ordine superiore corrisponde una grande finestra incorniciata e dotata di un movimentato frontone, con volute e adorno di festoni e di una colomba raggiata (simbolo dello Spirito Santo ), il tutto è posto su una superficie semi-concava per ottenere un contrasto d'effetto (tipico del periodo) con il resto della facciata convessa. Il portale d'ingresso in legno è incorniciato e dotato di un importante frontone centinato policentrico e coronato da festoni. Ai lati del corpo centrale la facciata presenta due nicchie in forma di finte aperture (forse la citazione delle due preesistenti porte minori medioevali), sormontate da frontoni triangolari e, più sopra, da ampie fìnestrone semicircolari (lunette). Il Timpano che chiude in sommità la facciata è movimentato dall'ordine ionico, ed è adorno all'apice interno del rilievo, di una testa alata di cherubino; più sopra la croce in ferro battuto che corona tutto l'insieme, è dotata di piedistallo originale composto da un antico capitello romano corinzio rovesciato (ben visibile sulla piazza dal monumento a Ricciotti).

L'interno della chiesa presenta una navata unica, con cappelle laterali intercomunicanti (la forma tipica post Concilio di Trento), coperta con una volta a botte costolonata, stuccata e lunettata in corrispondenza di ogni finestra di nave; essa è delimitata lateralmente da due file di pilastri a sezione poligonale, ornati da paraste dell'ordine ionico incornicianti le arcate di nave. Alle estremità del transetto (o crociera) sono collocati gli altari Grappelli e Kambo con le relative sepolture patrizie; esso è sovrastato da una magnifica cupola emisferica montata su pennacchi sferici che si dipartono dai quattro grandi pilastri angolari del "quadrato" della crociera. La cupola vera e propria è impostata su uno spesso tamburo che riporta l'iscrizione della inaugurazione del nuovo edificio (1797),.ed è dotata di una semplice ma bella lanterna finestrata. Al di là del transetto si sviluppa l'abside semicircolare, sulla quale è collocata una grande e pregevole pala ellittica raffigurante San Benedetto da Norcia (sec. XVIII), e che fino a prima del secondo conflitto mondiale ospitava un preziosissimo coro ligneo settecentesco (il cui spazio è oggi occupato da un'ingombrante macchina dell'organo). Il massiccio altare maggiore ospita al suo interno, visibili, le spoglie mortali di un martire delle catacombe romane, traslato qui, come si può evincere dai documenti dell'epoca, nel XVIII secolo. A sinistra dell'altare, sulla parasta a destra dell'archetto che da l'accesso alla cappelletta della Madonna, si nota ancora molto bene una traccia di affresco: un tondo, probabilmente il resto ultimo dell'antica via crucis dipinta sulla muratura. Ai lati dell'abside vi sono due cappellette, di cui la prima a sinistra dell ' altare maggiore è stata dedicata al SS. Sacramento (altare del XIX secolo), essa reca sulla parete sinistra le tracce di una antica sinopia, ovvero la base del disegno per un affresco, mentre sull'arco di accesso si può notare una piccola lapide incorniciata che ricorda di un "PERPETVO PRIVILEGIO" pro "ANIMABVS DEFVNCTORVM" rilasciato a Francesco Pileggi da Papa Pio VI (1783); l'altra cappella, posta a destra dell'altare maggiore, è recentissima nella sua "pesante" decorazione lapidea, ed è dedicata a San Rocco: all'ingresso di questa cappella, sul pilastro vicino all'organo è posta una lapide commemorativa recante la bella dedica fatta dai suoi commilitoni al Capitano Giuseppe Sgambella di Nasso, morto nel 1866 nel tentativo di salvare da un agguato dei briganti alcuni dei suoi soldati.


Molte sono le opere d'arte e le iscrizioni che si trovano nelle cappelle laterali e nel transetto: tutti gli altari sono dotati di pregevoli dipinti su tela, di scuola napoletana del sei e settecento e del filone dell'arcadia^, tra i quali spicca per importanza cultuale, quello miracoloso della "Madonna del Buon Consiglio" di autore locale ignoto risalente al XVI secolo; esso è posto in una cornice lignea, composta da una raggiera dorata e decorata a rilievo da un arcangelo e un cherubino posti fra le nuvole. Nella prima cappella a destra, quella del confessionale, si può ammirare una tela di autore ignoto del XVII secolo raffigurante San Bartolomeo, riconoscibile dal coltello da conciatore nella mano destra (la sua attestazione è anche riferita in un documento dell'inizio del 1800): questo quadro attualmente si presenta molto degradato dall'umidità, dalla polvere e dalla fuliggine delle candele che per secoli hanno testimoniato la devozione della gente al santo, e richiederebbe tanto urgenti quanto non eccessivamente costosi lavori di restauro. Dall 'altra parte della navata, nella cappella del fonte battesimale, si trova il quadro compiuto nel febbraio del 1899 da un autore locale e raffigurante secondo alcuni San Gregorio Magno (?) con allegoria del giudizio universale alle spalle del santo: da notare nel dipinto, sull'altare presso il quale officia la santa messa il santo, la presenza di un quadro incorniciato riproducente la Madonna con Bambino del tutto simile a quello della Madonna del Buon Consiglio. Al fianco destro del fonte battesimale è situato l'altare della Madonna del Rosario raffigurata nel quadro omonimo con Bambino e Santi; il dipinto è di ottima e squisita fattura di scuola napoletana del settecento, e rappresenta la Vergine insieme a due santi in atto di adorazione: San Domenico, riconoscibile per i suoi attributi del giglio, del cane con la torcia e il libro, oltre che per gli abiti da Domenicano e per la stella in fronte; l'altro personaggio è Santa Caterina da Siena, riconoscibile per il giglio, la stigmate e il libro. A sinistra nel transetto è situato l'altare della famiglia Kambo, come attesta sul pavimento la botola con l'iscrizione dedicati va; ai lati dell'altare sono collocati due monumenti funebri dedicati, quello a sinistra a Carlo Kambo (W 1881), e l'altro ad Alessandro Kambo (W 1914) il benefattore dell'opera pia omonima. Il suddetto altare è sovrastato da una enorme tela dipinta (mt.4,00 x 2,00) di autore ignoto del XVIII Secolo, inserita in una cornice fatta a stucco e con la parte superiore centinaia e raffigurante la Madonna con Bambino e Santi in adorazione, tra i quali distinguiamo: S. Francese di Paola posto in ginocchio vestito con l'abito dell'ordine e il motto "CHARITAS", Sant' Andrea Avellino vestito con l'abito sacerdotale in ginocchio e in atto di adorazione, mentre dietro di lui, in piedi e vestito da frate c'è San Vincenzo Ferreri che porta sul capo la fiammella che lo contraddistingue. L'insieme di questo dipinto è magistralmente composto e dipinto, e richiederebbe anch'esso urgenti restauri alla tela strappata in alcuni punti.


Nel braccio destro del transetto è situato invece l'altare della famiglia patrizia dei Grappelli; esso è dominato da una grande tela dipinta (scuola napoletana del XVIII Secolo), che raffigura Maria Immacolata nell'atto di schiacciare il serpente, simbolo del peccato. Sull'altare è anche posto in funzione di sotto-quadro un bei tondo realizzato in stucco dipinto e riproducente le fattezze di San Filippo Neri. Sui lati del transetto, in alto, sono inoltre poste le grandi lapidi in memoria di due eminenti rappresentanti della famiglia Grappelli: a sinistra Silverio (W 1699), Vicario generale a Frosinone, Abate di S. Benedetto e Vicario della basilica romana di S. Lorenzo in Damaso, mentre a destra si legge il nome di Giuseppe (W 1687), conclavista del Cardinale Visconti, Conte Palatino (1672) e internunzio di Spagna; sul pavimento è infine ben visibile la botola di accesso alla sepoltura con dedicazione della "familia de Grappellis" (1784). Un'altra iscrizione presente nella chiesa è possibile leggerla là dove la navata incontra il transetto: una grande lapide funeraria dedicata a Nicola Iannini (W 1834) e sua moglie Gertrude Renna (W 1848), ivi apposta dal loro nipote ed erede Vincenzo Renna Iannini. L'ultima notazione ci riporta ad alcuni oggetti della precedente chiesa medievale: nei pilastri corrispondenti ai due ingressi, sono infatti ancora evidenti le acquasantiere medioevali (una presso la porta vicino la cappella del rosario, le altre due ali ' ingresso principale), incassate nella muratura settecentesca, e facenti corpo probabilmente con i pilastri più antichi del più antico edificio.

Arch. Giovanni De Vincentis

Nessun commento:

Posta un commento